lunedì 30 novembre 2009

Centri, centrini e messia /2

I francesi invece di CTF ne hanno da anni almeno 5 o 6, con il più famoso ma non unico a Parigi, l’INSEP.
In effetti, a parte il famoso INSEP, gli altri sono più SF che CTF. Nei centri periferici vengono concentrati i giovani della regione che vogliono essere seguiti da tecnici qualificati e continuare comunque a frequentare gli studi. A Parigi invece si allenano in teoria solo i membri del gruppo nazionale di alto livello. Da precisare che in Francia, Tiro di Campagna e Indoor non fanno parte dell’attività di alto livello, che è solo quella targa.
Dopo anni di prestazioni targa disastrose, però, nel 2005 la federazione francese assume anche lei il suo messia, un allenatore Coreano proveniente dalle nazionali giovanili del suo paese e con ottime referenze. Ancora, la storia si ripete: il sistema pretende ora che gli atleti di livello ci trasferiscano a Parigi per essere tutti allenati dal nuovo allenatore. Alcuni lo fanno, alcuni rifiutano e vengono esclusi dalle squadre nazionali. Dopo un anno, quasi tutti quelli che si erano spostati su Parigi abbandonano e ritornano a casa, e a questo punto il sistema viene rivisto per consentire il confronto con gli atleti fuori dall’INSEP e per formare comunque squadre competitive. Nel 2007, fallita la qualificazione maschile a Pechino, il “messia” coreano, assunto in prospettiva 2012, viene licenziato, il sistema riaperto con trials nazionali per la formazione delle squadre e all’INSEP rimangono in pochissimi, con un tecnico francese.
L’Italia trova il suo primo “messia “ in Victor Sidoruk, assunto dopo l’oro a squadre maschili ottenuto dalla Spagna sotto la sua guida alle Olimpiadi di Barcellona del 92. La Fitarco non ha successi di rilievo nel Targa dai tempi di Ferrari, almeno 12 anni prima, e quella che era sulla carta una squadra formidabile con Parenti, Di Buò e Rivolta ha appena clamorosamente fallito alle Olimpiadi. Ma c’è l’allenatore e non il luogo dove allenare, e allora viene “costruito” utilizzando una parte delle strutture del centro Coni dell’Acquacetosa a Roma e di quello Coni di Riano.
Peccato però che quasi tutti gli alto livello in Italia abitassero ben lontani da Roma, e a quel punto si offrì un congruo gettone di presenza giornaliero a coloro che accettavano di trasferirsi a Roma per farsi allenare, che in vero non furono molti. A fine 94, Sidoruk dichiara di voler seguire solo la squadra maschile, e viene immediatamente identificato un nuovo “messia” per quella femminile: Dung Eum Suk, ex allenatore Coreano trasferitosi in Italia a seguito della moglie, cantante d’opera alla Scala di Milano, e che già collaborava con il settore giovanile.
Qui le cose si complicano, perché pure Suk vive a Milano, e quindi per far allenare da lui gente in teoria residente come CTF a Roma occorre mandare in trasferta tutti quanti, allenatore compreso. Parzialmente il problema viene ridotto iniziando ad utilizzare per i raduni del CTF anche Tirrenia, già sede dei raduni del settore giovanile. L’esperienza del CTF ufficialmente costituito e localizzato a Roma viene chiuso definitivamente nel 1998, quando Sidoruk lascia l’Italia, con qualche strascico di residenza "residua" di atleti all’Acquacetosa che si protrae fino al 1999. Suk invece viene fatto lasciare un anno prima, e scompare dall'ambiente arcieristico Italiano, ma viene richiamato poi ancora una volta nei ranghi federali nel 2002, nuovo messia del maschile, e vi rimane  fino a fine 2004. Intanto, di CTF in Italia non si sente più parlare fino al 2005, quando nasce il nuovo CTF Fitarco, prima localizzato a Tirrenia, poi a Varallo Pombia e oggigiorno a Cantalupa, ma temporanemente in trasferta da altre parti per impraticabilità del capannone per i 70 mt al chiuso, mal progettato e quindi ora in fase di ristrutturazione.
Ma il nuovo CTF Fitarco nasce senza alcun “messia” all’interno, tutto con tecnici di casa nostra, e quindi come convincere gli atleti di alto livello che ha un qualsiasi senso raggrupparsi lì per lunghi periodi? Ripristinando all’inizio i gettoni di presenza per chi ci sta e non dandoli a chi invece si allena a spese proprie a casa propria oppure, trovata più recente, “ordinando” agli atleti in forza alla Aeronautica Militare di presenziare ai raduni del CTF stesso  e i militari notoriamente devono solo “ubbidire” e dare risultati a comando, come tutti ben sanno). Non certo una soluzione brillante, in attesa di un nuovo messia di cui ferve per tre anni la ricerca a livello mondiale, recentemente intensificata dopo i risultati non proprio esaltanti dei mondiali Targa Junior e Senior 2009.
Intanto, in Gran Bretagna, il CTF è a Lilleshall, usuale centro di allenamento delle squadre inglesi di quasi tutti gli sport. La Federazione inglese è relativamente povera fino al 2004, e quindi non può permettersi se non un paio di atleti semi professionistici e nessuno residente. Ma nel 2004 Alison Williamson vince il Bronzo ad Atene e Londra è candidata per le olimpiadi del 2012. Il budget della federazione viene rapidamente moltiplicato per 4 e si decide che serve un vero CTF. Detto fatto, si offrono ottimi stipendi fino al 2012 ai migliori sei atleti inglesi (tre uomini e tre donne) per trasferirsi al CTF, e si assume il classico “messia”, che questa volta è proprio Dung Eum Suk, in arrivo dall’Italia dopo Atene . Bene, in questo raro caso gli atleti sono già i migliori, hanno ottimi e sonanti motivi per rimanere buoni al CTF e hanno pure un allenatore di rinomanza internazionale. Tutto perfetto?
Per nulla. Le cose procedono fino al 2008, ma la tanto attesa medaglia alle Olimpiadi di Pechino non c’è, e la federazione “riceve” dal comitato olimpico un nuovo “Performance Director” che decide che il messia è da cambiare,  si dice per non aver dato i risultati sperati nella gestione degli atleti ed in particolare  delle squadre in gara. Eliminato quindi Suk, riparte la ricerca ed è di questi giorni la notizia che il nuovo messia per la Gran Bretagna è l’americano Lloyd Brown, head coach USA con medaglie olimpiche sia ad Atlanta che a Sidney, messo da parte dalla federazione USA per far spazio al nuovo messia K.S. Lee. Lui e il CTF di Lilleshall devono durare ora meno di tre anni, e forse questa volta ce la faranno.
Ma, caso clamoroso e unico livello mondiale, ecco per la prima volta in scena Italia il terzo avvento di un messia già “eliminato” in precedenza per ben due volte. Visto che la Gran Bretagna ha licenziato Dung Eum Suk, ecco che la FITARCO con decisione incomprensibile in questi giorni lo riassume, gli riaffida il ruolo di salvatore della patria e del CTF/SF e ne fa il di nuovo, per la terza volta, il messia tanto atteso del suo CTF/SF più o meno reale. Un anuova favola ancora tutta da scrivere.
Mi vengono in mente molte altre storie di messia in vari paesi che perdono la loro santità dopo un po’ o non l’hanno mai avuta in patria e la riacquistano spostandosi in altre nazioni.
C’è un famoso allenatore Coreano che è meglio noto a tutti come “Coach Kim”, che è stato il primo national coach di Taipei per poi ritornare nel suo paese, ce n’è un altro sempre Coreano che era il coach della Cina, ed ora è tornato a seguire un business club in Corea, ce ne uno che allenava il Lussemburgo ed ora rappresenta una ditta di arcieria; c’è un Olandese che allenava l’Austria ma che da fine 2009 allenerà l’ Ungheria. C’è pure un italiano che allena l’Irlanda (oohps ..) e un altro che si occupa del Brasile, e c’è tale Mario Codispoti che avuto modo di allenare tre differenti nazioni in successione, Italia, Francia e Turchia, prima di ritirarsi in pensione. Messia di ogni origine per destinazioni di ogni genere: comunque sempre legati a CTF reali o virtuali.
Poi, tante altre storie di centri federali in tutte le parti del mondo, tutti con lo stesso identico problema: come fare ad esistere se nessun atleta di livello ci vuole stare ? Come fare a giustificare esistenza e costo al proprio Comitato Olimpico, se gli atleti stanno da altre parti?
Tutti alla ricerca del messia che li faccia esistere credibilmente, fino al successivo licenziamento del messia stesso e alla sua sostituzione, o alla chiusura del centro, tutti a ripetere l’infinita recita che rimane regolarmente senza finale, da sempre, anche se tutti in coscienza il finale vero lo conoscono perfettamente.
Centri, centrini, e messia compresi.

domenica 22 novembre 2009

Centri, centrini e messia /1

I bersagli non centrano, e i centri degli stessi neppure. Parliamo qui di CTF, ovvero di Centri Tecnici Federali, definizione che nasconde un po’ di tutto nel mondo arcieristico.
C’era una volta, molti e molti anni fa, l’idea che per rendere competitivo un gruppo di sportivi in qualsiasi disciplina occorresse rinchiuderli da qualche parte, vincolarli a regole precise, fornire loro un supporto tecnico adeguato e allenatori preparati, farli allenare con costanza per un lungo periodo e alla fine ottenere in cambio prestazioni sportive di assoluto livello. Era nato il concetto di Centro Tecnico Federale. Se poi lo stesso veniva applicato a sportivi in giovane età, ecco che si trasformava da Centro Tecnico Federale in Scuola Federale, che abbrevieremo in SF, pur rimanendo di fatto la stessa cosa: allenamento intensivo in batteria di atleti proiettabili verso l’alto livello.
Ci sono passati tutti gli sport in tutto il modo, da questi concetti di base, e molti sport in molti paesi sono ancora legati alla semplice concetto di pochi selezionati chiusi in un posto singolo ad allenarsi insieme per ottenere prestazioni di vertice. Ma in molti sport e molti paesi il concetto stesso sì è dimostrato fallimentare, ed in particolare nei paesi occidentali dove lo sport di alto livello nasce in isole indipendenti legate alle Società sportive e non in progetti centralizzati parastatali o/e militari.
E’ chiaro che se il gruppo di sportivi da formare ed allenare esiste solo a livello centrale e lì viene creato, finanziato ed allenato, il concetto di CTF o SF funziona da sempre: non ha alternative perché quello sport solo lì dentro esiste e può esistere in tutta la nazione.
Ben altra situazione si sviluppa quando il CTF/SF viene formato successivamente all’ottenimento di risultati da parte degli atleti che lo dovrebbero popolare.
I presupposto che atleti che già hanno avuto risultati agonistici di alto livello possano essere “migliorati” con la permanenza in un CTF è sottoposto ad innumerevoli limitazioni pratiche dovute alla eterogenea provenienza, tipo di formazione, livello di maturità tecnica e disponibilità di tempo degli atleti stessi.
Un gruppo inserito in un CTF deve, per sua natura, avere la massima omogeneità delle caratteristiche sopra esposte per poter essere allenato e migliorato attivamente come gruppo, mentre questo requisito essenziale non è invece praticamente mai presente.
Se almeno le caratteristiche di disponibilità di tempo e di tipo di formazione degli atleti sono omogenee, il sistema che li dovrà allenare potrà adattare il livello specifico degli allenamenti alla maturità tecnica dei singoli. Ma se queste due caratteristiche non sono omogenee, il sistema dovrebbe in pratica gestire solo un insieme completamente slegato di casi singoli non coordinabili tra di loro, e non potrebbe assolutamente funzionare, salvo forzature immaginifiche.
In presenza di atleti completamente disomogenei tra di loro, il sistema ha due sole possibilità teoriche di reggere: la completa indipendenza dei singoli atleti nella propria gestione, ovvero la cancellazione pratica del sistema di lavoro omogeneo, oppure la costrizione pratica dei partecipanti ad adeguarsi alle regole di lavoro comune, che porta comunque inevitabilmente a stabilire tali regole al minimo comune multiplo, ovvero adeguate al livello più basso presente nel gruppo e a generare l’abbandono da parte degli atleti più evoluti.
L’altra vera alternativa è solo quella di affidare la gestione del gruppo ad un personaggio di livello talmente elevato da essere in grado di farsi ascoltare anche al massimo livello degli atleti presenti.
Ipotesi anche questa praticamente impossibile da perseguire, ma che è invece quella sulla quale cadono tutte le federazioni mondiali di tutti gli sport ove la struttura di vertice non sia solo di derivazione centrale: la ricerca del tecnico “messia” che possa essere “ascoltato” e seguito da tutti gli atleti nazionali di tutti i livelli rendendo così possibile la realizzazione dell’utopia: il CTF che funziona veramente.
Eccoci quindi al tiro con l’arco, Italiano e Mondiale, ed alla incessante ricerca del messia da parte di tutti i paesi che si sono organizzati il loro bel CTF.
L’elenco dei casi pratici raccontabili sarebbe immenso, ma ne prenderemo solo qualcuno a livello internazionale passando anche per le utopie di casa nostra.
Gli Americani hanno il loro CTF a Chula Vista, in California, sede del centro di allenamento Olimpico di tutti gli sport. Sole e caldo tutto l’anno, foresterie, mensa, palestre, campi, supporto medico , in pratica tutto quello che serve allo sport di alto livello.
Fino ad Atene 2004, gli atleti di alto livello del tiro con l’arco avevano il diritto di soggiornare al CTF per la preparazione invernale. Atleti quindi di ogni parte degli USA organizzavano individualmente il loro soggiorno al CTF in funzione delle loro necessità e vincoli specifici. Non c’era un vero e proprio allenatore nazionale là ad attenderli, a ma semplicemente una organizzazione in grado di supportarli nel loro allenamento.
Poi, Atene non dà medaglie, e la federazione USA, spinta dal Comitato Olimpico, assume un messia vero e proprio, il famoso Ki Sik Lee, il tecnico coreano che nei precedenti 6 anni ha allenato l’Australia con un Oro e un Bronzo individuali alle Olimpiadi 2000 e 2004.
Ma se si spendono soldi e tanti per assumere il messia, occorre poi dargli qualcosa da fare. Ecco quindi che l’intero sistema del CTF cambia. Si passa da atleti che soggiornano saltuariamente alla necessità di avere atleti residenti da mettere disposizione al neo allenatore. Vengono richieste le disponibilità, e alcuni degli atleti di medio livello accettano, come pure diversi giovani, ma nessuno dei “senatori “ della squadra. Nasce quindi la necessità di metter in piedi un sistema “misto” che consenta al CTF di funzionare, e comunque agli atleti “storici” di proseguire nella loro attività.
Superfluo dire che gli scontri di competenze e le incomprensioni generali regnano sovrane dal 2005 al 2007, quando la squadra femminile non si qualifica per Pechino. Cadono allora diverse teste di alto livello nella federazione, ma il sistema viene mantenuto, pur ridando spazio agli atleti non residenti nel CTF, che rimangono l’ossatura principale della squadra nazionale. Poi, comunque, gli americani continuano a mantenere per gli eventi principali, mondiali e olimpiadi, dei sani trials secchi pochissimo addomesticati, e le squadre che si confermano in continuazione sono al 90 percento sempre composte dai senatori non residenti. E così è ancora oggi, e sarà fino ai mondiali di Torino 2011. Poi, forse, cercheranno un altro messia, o chiuderanno l’esperimento.

(segue)

lunedì 16 novembre 2009

300

No, non siamo alle Termopili; Leonida ha già combattuto ed è morto con onore per difendere la Grecia dai Persiani e anche se nella leggenda della battaglia c’è la famosa citazione “Le nostre frecce oscureranno il sole” e la risposta di Leonida “ E allora combatteremo all’ombra”, questa volta parliamo di altre frecce e di altri 300, ovvero quelli che hanno partecipato ai Campionati Italiani di Campagna 2009 in Calabria. 300 soltanto…

Qualche giorno fa, letto l’articolo sugli ultimi campionati italiani FIARC sulla Rivista arco, magnificati come un clamoroso successo con oltre seicento partecipanti, mi è venuto in mente di contare quanti sono stati i partecipanti agli italiani FITARCO di Campagna 2009, e sommando tutti i presenti nella classifica individuale, mi è uscito un numero preciso e netto: erano stati esattamente 300.
Ma come, mi sono detto, vero che il luogo non era dei più raggiungibili e il periodo non molto adatto a prendere ferie, ma addirittura meno della metà che ai campionati FIARC? Forse perchè ora molti fanno 3D?
Sono allora andato contare i partecipanti ai campionati Fitarco 3D 2009, e il totale mi ha dato 244, peraltro con molti nomi identici presenti nei due campionati.
Diciamo quindi che nell’anno di grazia 2009, nonostante l’avvento del 3D in Fitarco, il numero dei partecipanti agli italiani FIARC in un’unica manifestazione ha largamente superato il numero complessivo dei partecipanti ai due campionati Italiani FITARCO equivalenti messi insieme.
Sono un vecchio arciere di campagna, e il tiro di campagna è stata la mia passione da sempre, a partire dal 1975 quando partecipai al mio primo Field del Campanone. Ho trasmesso la passione a mio figlio Michele, ho partecipato a centinaia di gare personalmente, l’ultima nel 2006, e ho allenato oltre una decina di Campioni Italiani della specialità in varie classi. E la situazione non mi va, soffro nel vedere il tiro con l’arco di campagna così bistrattato e penalizzato nella nostra Federazione, quando all’apparenza sembrerebbe invece godere di sostegno inusitato.
Ma se i giovani non partecipano più alle gare di campagna, i seniores olimpico sono sempre meno, l’arco olimpico è escluso dal 3D, le normative di qualificazione agli italiani di Campagna sono estremamente penalizzanti (quattro giorni di gara al minimo per qualificarsi, non alla portata di tutti) mentre quelle di partecipazione agli italiani 3D praticamente accettano tutti, le limitazioni di orari e di durata e di numerosità sui percorsi agli Italiani Field scoraggiano qualsiasi velleità di qualifica, le cose non vanno bene, vanno soprattutto sempre peggio.
Onore ai 300 che hanno molto speso per partecipare agli italiani di campagna 2009, ma l’insieme è da ripensare con urgenza, perché il trend tracciato in anni di penalizzazione indiretta è chiarissimo: il Field sta morendo in Fitarco come in FITA e come è in pratica quasi morto in IFAA e non è mai nato nella stessa FIARC. Il 3D ha preso il sopravvento in molte nazioni, e all’apparenza anche in Italia, ma per ora in quella rappresentata da FIARC soltanto.
Ma non si può pensare che il 3D cresca in Fitarco solo ed esclusivamente cannibalizzando le partecipazioni al Campagna tradizionale. Rischiamo di uccidere il vecchio amico cavallo senza ancora aver verificato se il nuovo ronzino riesce a correre da solo (senza le sovvenzioni federali per le costose sagome).
Continuare a limitare per regolamento e di fatto il numero dei partecipanti agli italiani Campagna mentre si incentiva in contemporanea direttamente e indirettamente la partecipazione agli italiani 3D per ora da risultati negativi in entrambi i settori e rende la FIARC vincente su tutti i fronti del confronto: organizzativo, di appeal, di presenza mediatica e di successo popolare.
Torniamo veramente ad incentivare il campagna a tutti i livelli, facciamo in modo che i prossimi campionati di campagna abbiano 800 partecipanti, perché i numeri Fitarco lo consentono e i cinque percorsi pure, ridiamo entusiasmo alle società e ai loro tesserati nella partecipazione al campagna, rifacciamo del campionato italiano di campagna un evento e non più la garetta che stanno diventando. Il 3D ne trarrà automaticamente benefici di traino indiretto senza bisogno di incentivi specifici e penalizzazioni del Field ancora più specifiche.
Facciamo veramente sì che quei 300 non siano gli ultimi.

mercoledì 11 novembre 2009

Tre uomini e una squadra /2

Ma tre uomini fanno una squadra?
Ieri ho voluto disquisire su alcuni, e solo alcuni, degli elementi che fanno di tre arcieri una squadra più o meno competitiva. Oggi invece mi voglio soffermare solo su uno di essi, che ho menzionato nella disquisizione sulla squadra Coreana di Ulsan: il livello assoluto dei membri della squadra.
Ma come misurare il livello assoluto di un arciere a livello mondiale?
I punteggi di picco che un arciere raggiunge in alcuni periodi della sua carriera non danno mai il livello assoluto reale da prendere in considerazione per compararne il valore con altri, ma solo il livello puntuale del momento. Un 1350 FITA tirato oggi da Giovanni non è comparabile con un 1350 tirato da Francesco domani se la gara si svolge … dopodomani. Vanno meglio i punteggi medi su due o più gare, o meglio ancora se si usano punteggi e risultati su un arco di tempo um più ampio, dove anche le inevitabili oscillazioni diventano parte del risultato misurabile.
Ma se si vuole tentare misurare il livello assoluto di una squadra in relazione alla sua competitività livello mondiale, la faccenda si fa parecchio tosta.
Ma dove ricavare un livello medio degli arcieri di una nazione misurato su n periodo di tempo significativo in modo assoluto?
Qualche giorno fa ho avuto l’intuizione della possibile soluzione. Ho scavato nel sito della FITA e ho trovato l’archivio storico delle World Rank List risalente fino al 2001.
La World Rank List della FITA, istituita nel 1998, classifica gli arcieri a livello individuale in base ad indici ponderati ricavati dalle competizioni internazionali ufficiali alle quali partecipano. Non da pertanto il livello puntuale dell’arciere, ma il suo livello di competitività negli scontri diretti mediato in modo ponderale su un arco di tempo minimo di un anno a base mobile.
Per chi volesse approfondire, le spiegazioni sono a:
World Ranking Calculation Rules
Ho quindi passato un po’ di tempo ad estrarre dall’archivio le posizioni nella Wolrd Rank List di tutti gli Italiani Olimpico Maschile calcolate tra Settembre e Ottobre di ogni anno.
Ho sommato le posizioni dei tre italiani nella liste che avevano fatto parte della squadra “ufficiale” olimpica FITARCO, e che in tutti gli anni tranne che nel 2009 coincidevano comunque anche con i primi tre italiani nella World Rank list.
Ho infilato quindi tutti i dati in un foglio di Excel, e ne ho ricavato il diagramma che riporto qui sotto.

La linea verde mare “Team” rappresenta quindi in questa analisi il livello di competitività assoluto della squadra italiana OL negli ultimi nove anni, come media delle posizioni dei suoi tre membri nella Wolrd rank list individuale.
La competitività della squadra, analizzata in questo modo, mostra chiaramente l’influenza di entrate ed uscite dalla squadra dei vari arcieri che l’hanno composta e può essere facilmente correlata ai risultati pratici della squadra stessa ottenuti sul campo.
Voglio ricordare per tutti alcuni momenti topici della nostra Nazionale:
  • 2001, mondiali di Pechino, seconda squadra assoluta dietro la Korea
  • 2002, Marco Galiazzo sostituisce Matteo Bisiani, Michele Frangilli vince gli Europei e la squadra è terza.
  • 2003, Michele Frangilli vince i Mondiali di New York e la squadra è terza e si qualifica per Atene
  • 2004, Marco Galiazzo vince gli Europei le Olimpiadi di Atene, la squadra vince gli Europei ma finisce settima ad Atene
  • 2005, un pessimo mondiale a Madrid, con la Squadra 12esima.
  • 2006, la squadra è terza agli Europei
  • 2007, la squadra è quinta ai mondiali di Lipsia e si qualifica per Pechino
  • 2008, Mauro Nespoli sostituisce Michele Frangilli, la squadra vince gli Europei ed è Argento alle Olimpiadi
  • 2009, la squadra è solo nona ai mondiali di Ulsan.
 Ovviamente sorge spontanea la domanda: ma come, una squadra mediamente di livello 10 non va a medaglia ad Atene, ed una di livello 22 fa l'Argento a Pechino?
La spiegazione è invece semplicissima: la misura della competitività della della squadra è sì di valore assoluto a livello mondiale, ma deve confrontarsi con la competitività ed il numero delle squadre presenti nella singola manifestazione.
Non ho il tempo e la voglia di andare a fare una simile analisi su tutte le altre squadre principali esistenti, ma potrebbe certamente farlo chi è retribuito per questo. Ma più semplicemente, voglio ricordare che ai Mondiali le squadre sono presenti tutte, agli Europei solo quelle Europee e alle Olimpidi solo quelle 12 che si erano qualificate. Molto piu’ facile un buon piazzamento alle Olimpiadi che ai Mondiali, e ancora più facile agli Europei.
Ma alle Olimpiadi si va per piazzamento entro le prime 8 dei mondiali, ed è solo la competitività ai mondiali che conta, a quel punto.
Vale inoltre la pena di ricordare che la posizione nella world rank list mondiale si conquista e si mantiene in pratica solo con le vittorie negli scontri nelle gare di prima categoria, quelle con coefficiente 80 o 100 che sono le Coppe del Mondo, gli Europei, i Mondiali e le Olimpiadi. Le altre gare come i Grand Prix hanno coefficienti molto più bassi, e quindi poco influenti sulla ranking. Ma per vincere scontri in quelle gare occorre inevitabilmente andarci, con i posti che sono ora solo tre nelle gare principali, e pertanto chi non ci va non può che precipitare nella world rank list, rendendo difficile l’interpretazione del potenziale reale della squadra a partire dal 2007.
Ma il risultato effettivo e il suo trend quello credo proprio sia misurabile in assoluto con il metodo descritto, e la curva risultante conferma inequivocabilmente i dubbi contenuti del mio articolo del 10 ottobre in vista (o svista) di Londra 2012.
Tre uomini fanno una squadra? Purtroppo in questo caso sì.


lunedì 9 novembre 2009

Tre uomini e una squadra

Ma tre uomini fanno una squadra? Nell’arcosfera, dove le squadre sono quelle del nostro sport, spesso si costruiscono squadre utilizzando le figurine degli arcieri come quelle Panini dei calciatori. Ci si dice: Giovanni fa spesso 580, Giorgio fa qualche volta 575, Giuseppe fa ogni tanto 585. Probabilmente insieme fanno 3 x 580 =1740 e magari vinciamo a squadre gli Italiani o gli Europei o i Mondiali o i Giochi interstellari…
Ho costruito e gestito decine e decine di squadre sia maschili che femminili di ogni livello e per gli obiettivi più svariati nella mia lunga esperienza di allenatore, e io pure nel 90 percento dei casi mi sono basato sullo stesso genere di considerazioni. Tre uomini(o tre donne, ovviamente) si sommano e fanno una squadra che dovrebbe essere il totale dei tre, e nell’ 80 % dei casi lo diviene.
Ma se la squadra che costruite è nell’atro 20 percento, allora le somme non funzionano più, e spesso possono trasformarsi, se la situazione non è ben gestita, in sottrazioni.
La zona grigia delle squadre è quella che viene generata dalla mancanza di fiducia reciproca tra i membri della squadra stessa.
Gli arcieri conoscono benissimo i loro compagni o potenziali compagni di squadra, ne conoscono bene i pregi e altrettanto bene i difetti. Giorgio è noto per fare frecce a destra sotto tensione, Giovanni “chiude “ il braccio dell’arco se deve accelerare e Giuseppe non è bravo a contromirare. Tutti e tre conoscono i pregi ed i difetti degli altri, tutti e tre tentano di fare del loro meglio sulla linea di tiro, tutti e tre hanno una paura folle che i loro sforzi vengano vanificati dagli errori degli altri. Tutti e tre hanno bisogno di credere che gli altri non sbaglieranno, per dare il meglio di se stessi. E tutti e tre devono avere assoluta fiducia nel Coach che li ha portati fino alla gara e li gestisce sulla linea di tiro. Tre uomini non fanno mai una squadra completa, perché anche il Coach è un elemento fondamentale, nel bene e nel male , del risultato della squadra. Ha scelto la squadra, ha allenato i suoi membri, ha testato tutte le possibili combinazioni di alternanza nel tiro, ha testato tutti i possibili rimpiazzi per ciascuno dei tre. O dovrebbe averlo fatto. Anche lui conosce tutti pregi e le debolezze dei tre, ed i tre conoscono benissimo le sue.
Il Coach ha deciso la squadra, ha guidato le selezioni per la stessa e comunque ha fatto in modo che le selezioni dessero il risultato al meglio simile a quello da lui desiderato. I tre lo sanno, e lo sanno anche le riserve e quelli esclusi. Tutti sanno tutto di tutti, pregi e difetti esasperati.
Ma quando viene la gara della verità, quella unica maledetta gara dove la Squadra deve andare sulla linea di tiro e DEVE fare il risultato a tutti i costi, i fattori positivi si sommano ed i negativi si sottraggono e nessuno può più barare. Se i tre hanno uno stato di forma comune, obiettivi ed entusiasmo comune e credono nel livello dei propri compagnie ed in quello del Coach che li guida, la somma dei loro talenti può diventare addirittura una moltiplicazione al di là delle aspettative.
Ma se i tre in cuor loro non ritengono i compagni di squadra adeguati al ruolo, non hanno rispetto del Coach e non ne seguono le indicazioni e si comportano esclusivamente come individui, cercando in primis e solo di salvare la propria faccia e distinguere il proprio risultato da quello della squadra, la squadra non esiste più, e la somma finale per il risultato sarà solo e soltanto casuale.
Ultima serie di tre frecce ad Ulsan tra Korea e Francia per l’Oro arco olimpico a squadre. I Francesi sono in vantaggio 193 a 192 e tirano per primi, ma fanno tre 9. Coreani devono fare 28 per pareggiare e 29 per vincere. Fanno invece tre 10. e vincono l’oro 222/220. La squadra Coreana ancora una volta dopo Pechino si dimostra capace della serie vincente quando serve. Tra di loro, tre campioni assoluti di livello quasi identico che lottano all’ultimo sangue con altri del loro stesso livello ogni anno per il posto nella squadra A, diventando poi ogni anno la squadra da battere, anno dopo anno, da sempre.
Un livello altissimo e costante, monitorato perfettamente da un Coach pure lui di alto livello, un metodo di selezione che non lascia spazio ai favoritismi, una progarmmazione della preparazione omogenea e perfetta che porta i membri della squadra ad esprimersi tutti al loro massimo contemporaneamente. A quel punto, tre uomini fanno una squadra, e il Coach è l’elemento coagulante dei tre, non quello disgregante.
Non sempre, però, tre uomini fanno una squadra

lunedì 2 novembre 2009

Roma, Dublino, Seul, e l’Illinois

È ormai Novembre ed è tempo di progetti e programmi per il futuro nell’arcosfera. E tempo di cose nuove.
A Roma si è concluso Domenica 1 il primo corso Allenatori del quadriennio Olimpico. Il primo e unico del quadriennio precedente si era tenuto lo scorso anno; tenerne uno il primo anno del quadriennio vuol dire che questa volta ne avremo più di uno soltanto, ed è bene.
Quattro atleti nazionali o ex nazionali hanno partecipato al corso. Daniele Bauro, Alberto Alciati, mia figlia Carla e la grande Natalia Valeva. Lo scorso anno avevano partecipato tantissimi altri appartenenti ai gruppi nazionali passati e presenti. Che così tanti nazionali si sentano di investire tempo e denaro nell’acquisizione del diploma di allenatore fa ben sperare per una maggiore disponibilità di tecnici qualificati per il futuro, ed è bene.
A Dublino i miei nazionali Irlandesi hanno partecipato nel weekend alla prima gara di calendario valida per la qualificazione agli Europei Indoor in Croazia nel Marzo 2010. Due Olimpici maschile hanno già messo in cascina il primo risultato utile sopra i minimi che ho loro imposto, ed è bene.
Elena Tonetta e Amedeo Tonelli partiranno il 12 per Seul dove, a proprie spese, verranno allenati per oltre un mese da tecnici Coreani. Fanno un investimento personale rilevante alla evidente ricerca di un supporto che in Italia a loro manca, ed è bene.
Mio figlio Michele è partito questa mattina per gli USA, in direzione di un piccolo paesino dell’Illinois. Invitato dall’amico Vic Wunderle, va ad unirsi allo stesso e agli altri nazionali USA Brady Ellison e a Staten Holmes, per provare finalmente una cosa che gli mancava tra innumerevoli esperienze nell’arcosfera: la caccia con l’arco. Una pausa con il compound da caccia in un mondo completamente diverso e sconosciuto. Tornerà a metà mese, con forse sulla coscienza qualche animale morto ma sicuramente con i benefici di un vero e proprio “stacco” dal mondo del tiro con l’arco come lo ha conosciuto finora, ed è bene.
Nuove cose accadono nell’arcosfera, ed è bene…….